La prima notizia certa della sua esistenza risale al XIII secolo; compare infatti, già come pieve, nell'elenco delle chiese bergamasche che pagavano la tassa alla Santa Sede attorno al 1260.

Nel XIV secolo era officiata dall'arciprete e da almeno due canonici, nel 1360 estendeva la sua giurisdizione su Sola, Innerverga (Neveri di Bariano), Carpeneto di Morengo e su alcune chiese cremonesi feudo del vescovo di Bergamo (Paderno, Fengo, Ursulario, Acqualonga).

Un inventario del 1348 assegna alla chiesa di Santo Stefano un cospicuo beneficio di varie centinaia di pertiche di terra. L'edificio sacro che doveva essere di modeste dimensioni subì certamente gravi danni nel 1398 durante l'assedio e la distruzione del Castello Vecchio, che si trovava nelle sue immediate vicinanze. Fu restaurata una prima volta verso il 1470 ad opera della Misericordia Maggiore di Bergamo; la stessa nel 1507 fornì all'arciprete del tempo i mattoni necessari per rifare il pavimento. Le visite pastorali dei primi decenni del Cinquecento definiscono la chiesa "piccola ma ben tenuta"con tre altari, dei quali il maggiore collocato nel piccolo e basso presbiterio coperto a volta.

Attorno al 1570 la pieve di Fara venne soppressa e la chiesa fu aggregata alla pieve di Ghisalba. A seguito della visita di San Carlo Borromeo(1575) la Misericordia fece ricostruire il presbiterio, innalzò il campanile sulla sinistra della facciata dotandolo di campane ed orologio e acquistò un organo, assumendo poi un organista di Pesaro. La chiesa aveva un cimitero adiacente alla parete settentrionale, ma non era usato in quanto i morti venivano sepolti regolarmente all'interno del tempio. L'attuale edificio fu voluto dall'Arciprete Andrea Garella e dal popolo di Fara, che lo fecero erigere tra il 1767 e il 1788 su progetto dell'architetto.

Per la particolare natura del suolo acquitrinoso si dovettero eseguire continui lavori di consolidamento: nel 1828, nel 1894, nel 1919 e nel 1932. Le spese per l'ultimo intervento furono particolarmente onerose e dovettero essere interamente sostenute dal Comune e dai fedeli; in quegli anni infatti l'amministrazione della Misericordia, alla quale era stato chiesto un congruo contributo, si trovava in gravi difficoltà economiche. Un'epigrafe posta sull'edificio commemora la sua ricostruzione e i difficili lavori di restauro: "Veteri aede arcipresb. plebana/angusta ac fatiscente/templum hoc/auspice Andrea Garella Archipr./Misericordia Majori Bergomi opitulante/incolarum stipe et opera/ab an.MDCCLXVI ad an. MDCCLXXXVIII/Archetipis Iac Allegrini/funditus Eadificatum/Divo Stephano Pr Sacrum/VI Kal.Majas an.MDCCCLXIX/A Petro Aloisio Speranza Bergomensium Episc./rite consecratum/Franc.Xav.Cavagna Archipr./eques italicae coronae/popouli aere et labore/circumquaque solidandum/auroque pictisque marmisque exornandum/curavit/reparatae salutis/undevices.centeno anno vertente/".